CASCATA DELLE MARMORE: UN SALTO DI 165 METRI
Il così detto “Cavo Curiano” se da un lato facilitò le condizioni di vita dei Sabini, dall’altro creò considerevoli disagi agli abitanti della bassa Valnerina e della pianura di Interamna (Terni) in quanto, nei periodi di piena dei due fiumi, il territorio sottostante era soggetto a frequenti allagamenti. In merito al funzionamento del Cavo famosa è la disputa legale (54 a.C.), di cui non si conosce l’esito finale, tra Marco Tullio Cicerone, difensore dei Sabini (sostenitori dell’ampliamento del canale) e Aulo Pompeo, difensore degli Interamnati (contrari ad interventi migliorativi). Sempre a conferma del rischio inondazioni, lo storico Caio Cornelio Tacito riferisce di una grandiosa inondazione della Valnerina e di Interamna fino a Roma, (il Nera è uno dei maggiori affluenti del Tevere) avvenuta intorno al 15 d.C., sotto l’imperatore Tiberio.
Con la caduta dell’Impero Romano, le invasioni barbariche e il successivo sviluppo del sistema feudale, i territori pianeggianti e in aperta campagna vennero gradualmente abbandonati. L’assenza di qualsiasi forma di manutenzione del Cavo Curiano ne causò l’innalzamento del fondo con conseguente re-impaludamento della pianura reatina. Occorrerà attendere l’inizio del XV sec. perché si realizzi una nuova opera di bonifica.
Nel 1418, dopo aspre contese con i ternani che si opponevano all’intervento per paura di nuove inondazioni, Braccio Fortebraccio da Montone, allora signore di gran parte del territorio della Chiesa tra cui Terni e Narni, affidò i lavori all’ingegnere Aristotile Fioravanti che li concluse nel 1422 realizzando un nuovo canale detto “reatino”.
Nel secolo successivo (1547), su commissione di papa Paolo III, venne portato a compimento un terzo canale dall’architetto fiorentino Antonio da Sangallo. L’intervento, a distanza di soli quarant’anni dalla sua realizzazione, risultò inefficiente e già nel 1596 papa Clemente III decise di incaricare una commissione di architetti e idraulici per effettuare una ricognizione generale del territorio.
Nel 1601 l’architetto Giovanni Fontana inaugurava l’ultimo e definitivo “canale clementino”, scavato sulla traccia dell’antico Cavo Curiano, caratterizzato da una forte pendenza negli ultimi 400 metri e dalla presenza di un ponte regolatore che doveva controllare le acque del Velino nei periodi di piena.
Nel 1787 l’architetto Andrea Vici realizzò un taglio diagonale sul secondo salto, deviando parte delle acque e formando una cateratta laterale al fine di aumentare la superficie di caduta dell’acqua e diminuirne la forza d’impatto sul fondovalle del Nera. Fu questo l’ultimo intervento che diede alla Cascata l’aspetto attuale, portandola alla ribalta come uno degli scenari più belli d’Italia.
A Cor delle Fosse, sempre presso Marmore, sui bordi di una delle grandi fosse che convogliano le acque del Velino verso la Cascata, furono ritrovati un grande vaso tronco-conico pieno di sabbie miste a ceneri e, collocati intorno ad esso, altri oggetti consistenti in pesi da telaio e rocchetti. La tipologia degli oggetti legati alla tessitura e alla filatura hanno portato all’affascinante ipotesi di un culto alle acque legato al mondo femminile.
Nel 1868, durante i lavori di sistemazione dell’allora strada nazionale n.30 Terni-Rieti, presso l’antico porto del lago di Piediluco fu casualmente scoperto, in una cavità scavata nella roccia calcarea, un recipiente di terracotta di grandi dimensioni contenente una notevole quantità di oggetti in bronzo (si suppone più di 400 libbre di peso): si tratta del cosiddetto “ripostiglio di Piediluco”. Non si è certamente di fronte a una stipe votiva, ma tutto fa supporre di essere in presenza di un deposito a carattere premonetale, come accade per il ripostiglio detto di “Contigliano” nel Reatino.
Nei primi anni Ottanta del XX secolo vennero fatte diverse ricognizioni e furono così individuati circa 30 nuovi siti protostorici, in molti casi a distanze di poco meno di 1 km. In seguito a tali rinvenimenti è risultato modificato il modello di un unico bacino lacustre a favore dell’esistenza, per tutta la durata dell’epoca protostorica, di più bacini. Sia nell’area di Piediluco che in quella reatina si svilupparono abitati peri lacustri disposti in aree pianeggianti o, in alcuni casi, nel punto di raccordo delle pendici di bassi rilievi con la sottostante pianura (il Rivo, la Mola, Podere Colle d’Agnano, La Bandita, ecc.); questo dato emerge soprattutto in relazione all’età del Bronzo Finale (XI-X sec. a.C.).
Nel Bronzo Finale nell’area del lago di Piediluco si assiste alla crisi del sistema insediamentale (crisi già in atto nel Reatino dal Bronzo Medio), forse conseguenza delle condizioni climatiche sfavorevoli e dell’innalzamento del livello di riva. Quindi nella prima età del Ferro si sviluppa un vero e proprio insediamento protourbano a Terni.
Il distretto ternano dovette entrare nell’orbita romana nei decenni iniziali del III sec. a.C., immediatamente dopo la conquista della Sabina portata a termine nel 290 a.C. dal console Curio Dentato, che di lì a poco dette il via ai lavori per la creazione del famoso Cavo Curiano, quello che ancora oggi convoglia le acque del fiume Velino verso la Cascata delle Marmore.
Attualmente, nelle vicinanze della Cascata è possibile scorgere un ponte romano risalente all’età Augustea: si tratta di ponte del Toro, lungo circa 20 metri con arcata composta da 16 cunei regolari. Situato sulla riva sinistra del Nera, ha una posizione obliqua rispetto al letto del fiume che in età romana doveva avere un tracciato diverso.
Alcuni dei reperti protostorici rinvenuti a Marmore e numerosi reperti provenienti da diversi siti ternani e dalle zone limitrofe (compresi in un periodo temporale che va dall’Eneolitico alla tarda antichità) sono esposti al museo archeologico di Terni.
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